Modalità aereo

L’asocialità è l’unico atteggiamento che non si racconta a nessuno. Per farlo occorre aprire un blog.

“L’inferno sono gli altri” disse Sartre. E non c’erano ancora le offerte della fastweb.

“L’inferno sono gli altri”. Sinceramente non ho idea di come sia fatto il paradiso, ma a occhio e croce direi che anche gli angeli sono dei bei rompicoglioni.

Non mi vergogno di ammettere di essere sociopatico. Sapete cosa sono due asociali? Una folla.

Che rottura, quest’anno la moda coincide esattamente con i miei vestiti di sempre. Mi toccherà andare a fare shopping.

Io nei negozi ci vado per comprare la roba a prezzo intero. Qualsiasi cosa pur di non metterci piede durante i saldi.

“Salve, posso esserle utile?”. “Sì, la prego. Mi faccia da scudo e tenga gli altri fuori dalle palle”.

Sono così asociale che da morto ci sarò e non batterò alcun colpo.

A scuola attendevo sempre il suono della campanella. Quella di fine intervallo.

Poco fa un vicino di casa mi ha salutato. Si vede che non mi conosce.

Dico davvero, mi ha salutato. Non capisco cosa gli ho fatto.

Intanto mi hanno appena invitato ad un’orgia. Che palle.

E’ che in certe situazioni divento impotente, con le scuse.

“Vuoi un passaggio?” “No grazie, devo collaudare le scarpe”.

Scuse idiote. “Non posso venire alla tua festa, mi sono appena ricordato di un’importante riunione in Burundi”. Nah, pessima.

Oltretutto non so mentire. Le volte in cui ho detto una bugia sono state usate in alcuni episodi di “Lie to me” per principianti.

Un prontuario di scuse valide: ecco una buona idea per un’app.

Avere un portfolio di scuse valide è di vitale importanza per noi asociali. Chi non ha il tempismo di esporle al suo predatore è condannato all’interazione umana. Per essere asociale è necessaria prontezza di riflessi.

Eppure ci sono situazioni in cui anche l’introverso più navigato deve stare in società. In tal caso bisogna sfoggiare i sorrisi di circostanza. La paresi maxillo-facciale che intende simulare allegria indica in realtà una presenza fisica che avviene sotto costrizione. Quel tizio è lì perché qualcuno (in genere la sua donna) lo sta ricattando.

Se smette di sorridere e lo vedete  assorto nei suoi pensieri, sta pensando ad una via di fuga.

Quando mi invitano ad una festa chiedo sempre di che colore sia la carta da parati. E corro a comprare una mimetica abbinata.

“Aiuto, il trenino della samba sta puntando dritto verso di me”. Mi fingo morto come fanno gli opossum.

Bersani ha escogitato un buon sistema. Mandare cartonati al posto suo. Non ve n’eravate accorti eh?

Scilipoti invece usa controfigure. Ma se la mia controfigura socializza con gli invitati poi quelli per strada saluteranno me.

In realtà difficilmente l’introverso riceve inviti a qualche evento. L’asociale ha risolto il problema amici, ma non può fare nulla con quello dei parenti. Solo affidarsi al tempo…

L’asociale ha un’andatura a velocità variabile in funzione della quantità e qualità delle forme di vita circostanti. Corre verso gli ascensori vuoti, rallenta fino allo stato di quiete in prossimità di esseri senzienti. Spesso e volentieri preferisce fare dieci piani di scale piuttosto che sentirsi dire “Fa caldo oggi eh?”.
Il problema è che le risposte che mi invento sono del tutto inopportune “Una volta qui era tutta campagna” in ascensore non c’entra assolutamente un cazzo.

Meglio essere direttamente scontrosi “Che piano?” “Uno qualsiasi, basta che non sia il suo”.

Il cartello preferito di un asociale? “Capienza massima: 1 persona”.

Alla notizia di un conoscente morto l’asociale piange lacrime sincere. Sa che ai funerali dovrà incontrare gente viva.

Mi chiedo come si possa improvvisare una faccia di condoglianze per qualcuno di cui non te ne frega un cazzo.

-Amore, perché la vedova mi ha preso a sberle?
-Perché sei un imbecille…
-Ma mi hai sempre detto di fare sorrisi di circostanza!
-Coglione, erano le istruzioni per la festa!

Vuoi mandare nel panico un asociale? Salutalo con un convinto “Ehi ciaooooooooooooo, come stai???”

Sto ancora cercando la risposta ideale alla domanda più frequente del mondo “Come stai?”

“Ciao, come stai?” “Bene, prima o poi” è la risposta usata in un dialogo del film “500 giorni insieme”.
Per un certo periodo l’ho anche usata, poi ho pensato “Quel titolo fa rabbrividire!”

“Come stai?” “Bene, fino a poco fa”.
Un tantino offensivo. Ed è proprio questo il problema, lo è solo un tantino.

C’è un trucco che adopero per restare solo. Mi basta dire “Chi mi ama mi segua”.

Poi imposto sempre il mio cellulare su modalità aereo, e sto cercando di fare la stessa cosa col citofono.

Per noi asociali l’ospite è come una scoreggia. Puzza immediatamente.

Una scienza che trovo affascinante è la prossemica, studia le nostre distanze di relazione interpersonale.  Per alcuni essa è di pochi centimetri, per altri raggiunge anche il metro. La mia si misura in miglia marine.

L’altro giorno c’era un tale molto invadente che si stava avvicinando decisamente troppo. Ed era on line.

Riuscivo a vederlo incombere da Google Maps.

Ho cercato di salvarmi con la modalità invisibile, ma un ghostbuster mi ha chiesto l’amicizia.

Se c’è una cosa che adoro sono gli addii. E durante i “ci vediamo” faccio gli scongiuri.

Gli addii sono sempre seguiti da un sospiro di sollievo. Ma devo ricordare con attenzione: prima l’addio, poi il sospiro di sollievo. Però una volta ho invertito la sequenza e ho evitato i pericoli di ripensamento.

In genere noi asociali ci rifugiamo nella lettura. Ho appena finito di leggere Robinson Crusoe. Bello, appassionante, peccato manchi un lieto fine.

Ho imparato velocemente l’inglese, il francese e lo spagnolo. Quando studio una lingua straniera salto i capitoli di conversazione.

Ora invece sto leggendo “Strumenti di tortura” e “Trattato di sociologia”, due volumi di un’unica opera.

Tuttavia ogni tanto anche l’asociale ha bisogno di interazioni sociali: in quei casi leggo un bestseller.

Un’altra cosa che piace a noi asociali è twitter. Tranne il venerdì.

Per i cristiani il venerdì pesce. Per i twitteriani il venerdì c’è il Follow Friday, che significa “Ciao cari lettori che anzichè avere una vita sociale avete deciso di blindarvi su un pc, vi presento un altro paio di sfigati che anzichè avere una vita sociale hanno deciso di blindarsi su un pc. Vi ho rovinato il piano”.

Tutti sostengono che non si può fondare un club di asociali. Non si aggregherebbe nessuno. E invece si può eccome, basta rispettare i turni.

Per fortuna non diventerò mai famoso, non sopporterei di dover firmare tutto quegli autografi. Al massimo userei un timbro.

In realtà io sono un solipsista. Per me voi siete solo proiezioni della mia coscienza. Questo è un fottuto test a cui Dio mi sta sottoponendo. Una simulazione stile matrix per valutare i modi in cui reagisco. “Ehi, capo, ho scoperto tutto, è evidente che sia tutto finto. Ok? Mi liberi ora?”

Questa convinzione di essere l’unico essere esistente è una corrente di pensiero che si chiama solipsismo. Vi piace questo nome? L’ho inventato io.

(Beh, mo’ basta. Per oggi ho interagito abbastanza)